lunedì 7 novembre 2011

...“Puoi portare in india una mostra su Leonardo?”












Quella volta la telefonata di Gaia Franchetti e di Alberto Bracci, titolari di una nascente associazione Italia-India, fu: "Giusto, puoi andare in India, a realizzare una mostra su Leonardo da Vinci!”.
Rimasi folgorato! Tanti avvenimenti mi spingevano ormai verso quella realtà. Tanti amici vi erano stati, alcuni erano rimasti per lungo tempo, altri, tornati con l'aria incantata e con verità interne completamente ribaltate! Io, in fondo, cercavo un approccio diverso con quella realtà, non da turista, e non da discepolo di qualche guru, bravo e capace a disoccidentalizzare in superficie, lasciando però, sotto la nuova leggera patina, egoismi, e capricci. Pensavo soprattutto a Baguan Sri Ranesh grande conoscitore delle filosofie occidentali, e quindi pronto ad accogliere nel suo grembo antico, le avanguardie esistenzialiste e stressate del. nostro mondo.
Ma, l'Induismo, a parte alcuni di questi ashram, diciamo molto liberali verso il mondo occidentale era una straordinaria filosofia della vita, in perenne contatto con il passato delle grandi filosofie vedaiche.
L'India che desideravo, era quella magica e misteriosa, piena di segreti da svelare e di nuove e ancora più antiche storie da raccontare.
Avvicinarmi a tutto questo, all'ombra di uno straordinario artista come Leonardo da Vinci, era come possedere un passaporto, una chiave di lettura che mettesse a confronto un modernismo del passato (Leonardo), ed uno del presente (India).
Gran parte del paese, allora, funzionava come le sue "Macchine", dal regime delle acque, alle forze meccaniche, all'agricoltura, alle produzioni industriali.
L'unico paese al Mondo, che viveva di regole non scritte, ma tramandate oralmente, e che per qualche migliaio di anni aveva generato la vita dal caos! Scoprii solo, alcuni anni dopo, che si trattava della più antica ed edonista società della storia mondiale!
Al cinema gli attori non si baciano sulla bocca, ma il Panteon delle divinità Indù è tutto basato sulla seduzione: Shiva, il grande ballerino, Parvati (la moglie), sensuale e coperta di veli e un'infinita schiera di Deità minori che banchettano al tavolo dei tradimenti e dell'amore e pensavo alle pie e sante donne del Panteon cattolico, coperte come donne islamiche.
Comunque, finalmente oltre alle lezioni di Jung, gli occidentali avevano scoperto un luogo dove la realtà si annida dentro di noi, ed è il subconscio, il motore del nostro essere, il luogo dove si depositano le domande e le risposte attraverso l'auto-controllo e la meditazione.
Penso anche che i successi economici di questi ultimi anni,. porteranno l'India, piano piano a disfarsi delle caste, gerarchia rigida e restrittiva, ma che ha impedito, surrealmente, che il pollice del piede di Shiva,in queste migliaia di anni, non si sia spostato dal foro che, trattenendo gli oceani, tiene il mondo nel suo precario ma armonico equilibrio.
Fu l'occasione, con questa mostra "Leonardo in India", composta da manichini vestiti da Piero Tosi ed Umberto Tirelli,a riprodurre lo sfarzo della Firenze del Rinascimento, integrata dagli splendidi modelli e “macchine” di Leonardo, provenienti dal museo Poldo Pezzoli di Milano, completata da una serie di padiglioni, ispirati ai suoi disegni tratti dall’"architettura da festa", di trasportare in India un "concept" delle città italiane di allora.
"L'architettura da festa" mi era strettamente compatibile, vicina all'idea metafisica del vuoto e del pieno. La sua concezione della colonna dorica, segnata verticalmente da tondini e fissata orizzontalmente da cerchi, era il "minimo" che potesse recepire ed indicare lo spazio. Poi tetraedri strutturali, come le filiformi strutture di acciaio degli edifici moderni, componibili tra di loro, a creare coperture, tensostrutture modulari. Spazi da occupare per le grandi feste dei Gonzaga, che si esaurivano in un tempo effimero tra l'alba ed il tramonto.
Queste architetture leggere, sperimentate già ai Vivai del Sud come gazebo, padiglioni, che già tanto mi avevano colpito nel raffronto con la Nouvelle Orleans, furono le armi che portai con me in quelle due mostre, realizzate a Delhi e a Bombay.
E fu con grande stupore che in una calda e buia notte a Delhi nell'Aprile del 1987, vedemmo uscire da alcuni vagoni merci in una sperduta stazione commerciale, insieme ad Alberto Bracci e Jill Rossellini, queste colonne traforate, queste cupole, questi sfarzosi manichini, e queste macchine realizzate in Italia, che sembravano fatte a misura d'uomo. Un guru dell'Occidente che attraversava il mondo per portare in quelle terre lontane 'il suo messaggio di idee e di invenzioni.
La mostra, a Nuova Delhi, al Lalith-Kale, fu un grande successo, evidente era la sintonia con l'India pre tecnologica ed il messaggio sul manifesto in seppia, del volto del grande maestro italiano, che si stagliava contro una complessa parete marmorea, traforata, fotografata qualche mese prima a Fatepur-Sikri, ultima dimora dei Moghul, fu il degno completamento di questa complessa ricerca culturale.
La sera prima dell'inaugurazione, ero distrutto dalla fatica, stavamo allestendo la mostra, da quattro giorni ed eravamo ormai pronti per l’atto finale, mancava solo da sistemare nell'ingresso una moquette rosso fuoco.
In un angolo c'era un grande rullo intero che non era ancora stato usato, ed in un altro, accatastati, una montagna di sfridi della stessa moquette, che dovevano essere buttati.
Chiesi ai miei operai, rajastani dopo aver mostrato loro il rullo intero, di montarmi questi ultimi 30 mq, io sarei andato in albergo, a fare una doccia. Me ne andai tranquillo sicuro di essere stato capito,  quando tornai il giorno dopo alle 8 per dare gli ultimi ritocchi, notai con sorpresa, che il rullo di moquette era stato montato sul camion, e per terra all'ingresso, c'era una meravigliosa palladiana rossa creata con gli sfridi! Gli sembrava sciocco tutto quello spreco!
La rivista Indian-Architecture, dedicò una copertina all'avvenimento, ed un articolo intitolato "The red carpet treatement" .
Ci fu una replica della Mostra qualche mese dopo a Bombay (oggi Mumbai).
Fu sponsorizzata dalla famiglia Tata, ed ospitata nel grande centro culturale omonimo, da loro voluto e realizzato dal grande architetto americano Paul Rudolph. Visitammo i grandi stabilimenti di produzione e di ricerca dei Tata, le tecnologie avanzatissime, una famiglia con interessi in ogni settore, dal nucleare, ai trasporti, alle telecomunicazioni, facevano intravedere già allora le potenzialità di questo Paese sospeso tra lo spazio ed il tempo e pronto al grande balzo in avanti, che in una ventina d'anni si sarebbe manifestato con tutta la sua potenzialità. Tata è diventato l'India produttiva e burocratica. Il biglietto per il wagon-lit che si prenota in anticipo, dopo lunghe file, è nominale e fa sì che il tuo nome appaia con il numero del posto affisso sulla parete del vagone, come un servizio personalizzato. Come si può nel caos realizzare anche questo?
Oggi i Tata sono tanti e gli antichi Parsi, zooroastriani venuti dalla Persia, sono il gruppo etnico più potente di Mumbai. Alla loro morte i corpi vengono adagiati su delle grandi piattaforme di cemento sostenute da alte palizzate che si ergono fra le ville nelle colline sopra Mumbai, per essere dilaniati dagli avvoltoi (affinché il ciclo della reincarnazione, possa essere più veloce). Nulla veniva disperso e tornava alla natura.
Vidi una città dalle mille facce, ma vi si riconosceva il segno della modernizzazione britannica, un'impronta detta "coloniale", come un "lontano da te"... ma così brillantemente inserita in quella antica cultura architettonica d'oriente che ne accentuava l'unicità del carattere e delle forme. La severità classica dei grandi interventi urbanistici della pari modernità europea, contrastava con i colonnati bianchi ed i giochi d'ombra dei grandi edifici, come se una seconda pelle dalle mille forme avesse tutto avvolto, in un ritmato gioco del vedere, non vedere... oltre a Paul Rudolph ed altri,Le Corbusier,Louis Khan, spettò ad un architetto Goano, Charles Correa, e ad alcuni suoi edifici, autore tra l'altro di una bella mostra che vidi allora sulla natura dell'origine cosmica dell'India (Vishtara), di mostrare quella capacità di trascendere il passato, con l'impronta della modernità, rimanendo coerente con il suo ambiente naturale.

giovedì 3 novembre 2011

Le Exposizioni Mondiali

Lisbona 1998

Hannover 2000

Siamo diventati tutti artisti?




Federico Fellini
konrad Lorenz

 

Roberto Rossellini
Pier Paolo Pasolini








E…all’inizio fu il Caos…

Nulla del seme piantato negli anni 60, culminato con i folgoranti avvenimenti che vanno dal 1968 ai giorni nostri è andato perduto. Una,fino ad allora,delle più incredibili rivoluzioni pacifiche della storia, stava attraversando come un Tornado,tutti i livelli della società occidentale,fatta sempre di Caste, di Padri Padroni e di Furori Guerrieri, postumi della seconda guerra mondiale.

La Rivoluzione giovanile, figlia si della ricchezza e del “tempo libero” accumulati dall’Occidente, ma anche consapevole delle tante battaglie condotte per la libertà e per l’indipendenza, in Centro e Sud America, in Africa come in Asia, rappresentò l’inizio di una globalizzazione del pensiero “contro”,che in gran parte iniziava a rifiutare i dogmi centralistici del comunismo nell’Unione Sovietica da una parte e della società conservatrice fondata sui valori della chiusura e del “compromesso familiare” in senso largo, dall’altra. Ben lungi dall’essere un movimento parassitario, come anche “l’Oggi”,che i profeti del nichilismo mediatico cercano invano di venderci, i valori fondanti del ’68 rimangono di carattere intellettuale e filosofico più che politico. La ricerca, anche non coordinata tra le varie discipline, attraverso le avanguardie artistiche, determinò l’unica vera onda comune di pensiero alternativo, agli schemi preposti dalla società occidentale. Una rottura degli schemi illuministi, post-illuministi e post-moderni, che avevano bisogno di essere quanto meno aggiornati, per arrivare ad una terza via ,il vivere in un clima “felice”, in convivenza con il proprio inconscio, socio maggioritario della nostra evoluzione.

Ci si batterà dunque con grande ardore per l’uguaglianza dei cittadini e delle razze, per i diritti universali, per una “Nuova Società”, ma in blue jeans, con Jimmy Hendricks e la grande musica di quegli anni a scandire il battito del cuore e il ritmo dell’azione. I luoghi d’Arte e di Cultura, la Biennale del Cinema di Venezia, il Festival di Cannes, le Quadriennali, la Scuola, le sedi dei partiti e dei “movimenti”,le libere Assemblee, gli esami, i meriti individuali, si scrollavano la polvere di dosso,ormai sommersi da una contestazione profonda e dissacratoria,che distruggeva i miti dei ben pensanti e dei conservatori. Nulla fu più come prima,e nella corsa frenetica per una” nuova consapevolezza”, che mai nella Storia questa generazione aveva conosciuto,ci si avviava alla costruzione di un “Mondo Nuovo”.  Il confronto, per citare alcuni dei grandi maestri,era con Roberto Rossellini, con Fellini e Pasolini, si leggevano Konrad Lorenz, scoprendo l’Ecologia, Jung, scoprendo l’inconscio, e poi tra i Filosofi, Marcuse, Benjamin, Deleuze, Levy, Glucksman.
Si  approfondiva il rapporto con i “Maitres Penseurs”, d’origine francese, Cohn Bendit saliva sulle barricate…gli “uccelli “  volavano sui tetti della Facoltà di Architettura, Pasolini, negli scontri di Valle Giulia stava dalla parte dei figli del popolo (i poliziotti), era arrivato come un maremoto il 1968!

Una “disoccidentalizzazione”del Sistema diventa uno scioglilingua imperativo,si parte per altri lidi. Le mete diventano i mondi nuovi della comunicazione, luoghi dove l’Umanesimo e le sue culture associate,fossero ancora all’ordine del giorno. Si va nei paesi islamici del Mediterraneo,si va nei paesi poveri ma ricchi di culture antiche,in Sud America,si va in autobus da Londra a Delhi,per scoprire l’India, si va in Africa verso i Dogon, i Tuareg, I Peul, si scopre il nomadismo musicale e i grandi viaggi. Ci si chiede da dove vengano le cose che amiamo, non ci bastano le spiegazioni occidentali, radicate nella storia si’, ma senza le istruzioni per trascendere l’ Ego Onnipresente. Cerchiamo, anche oggi, la “Verità” o le tante verità insieme. Ci dobbiamo ricordare anche, che siamo stati preceduti, da tanti altri “viaggiatori”,che nei secoli precedenti hanno scandagliato i mondi sconosciuti, ci si abbevera delle pagine di Herman Hesse,di Rimbaud,di Gourdjeff,di Tucci e di Maraini, del recente Chatwin,si vedono finalmente i documentari sull’India di P.P.Pasolini,di R.Rossellini e i viaggi di Moravia in Africa.  Dopo Easy Ryder di Denis Hopper,si saccheggia la cultura “On the road” americana e si scoprono i suoi poeti e scrittori ,Ginsberg, Corso, Bukowsky, la Pop Art con i suoi pittori. Nasce la swinging London e i poeti diventano cantanti a ritmo di rock’n roll...

Ecco, secondo me,  questa straordinaria ragnatela del sapere, oggi, aggiornata dalla storia scorre come un alveo gigantesco,negli infiniti meandri della Rete, e furono quei primi assiomi,a decretare attraverso Internet, una democratizzazione della comunicazione,”l’Underground” che diventa:”e quindi uscimmo a rivedere le stelle” (Dante). Le stelle come messaggi che toccano la coscienza, l’informazione totale che sciocca le coscienze. La platea globale diventa lo scenario della comunicazione, tutti possono con i nuovi strumenti high tech.,misurare il proprio io,con il mondo della creatività e sensibilizzare, raggruppare velocemente masse informate e dunque libere.

Siamo dunque tutti diventati Artisti? invece di vittime della Restaurazione? Certamente non è così. Di quell’Epoca ci siamo certamente portati dietro, mura abbattute e porte spalancate, nuovi rapporti di forza, dove ognuno ha combattuto la propria battaglia ,ma soprattutto si è in grado oggi, fin da giovani, di prendere coscienza di ciò che ci circonda, di formare consapevolezza ed energia.
Inoltre nessun sapere umano è mai stato così vicino alla perfezione, vedi internet, nel raccogliere , catalogare e restituire al mondo di oggi l’arte del passato, del presente , del futuro.
I movimenti giovanili , sempre presenti nella storia , hanno colto per primi questo grande potenziale e come in una dissolvenza cinematografica , una rivoluzione del pensiero e dei costumi , gli anni ‘60 e ‘70, si sono fusi nell’avvento della rete.
Il pensiero creativo , gli associazionisti, le informazioni, le tipologie nuove dei luoghi d’incontro , le ricerche , viaggiano veloci nell’etere , moltiplicando il  sapere e la conoscenza .Dai primi vagiti ad oggi il link più importante che ne deriva è quello tra le generazioni.. Padri, madri, figli, sono finalmente davanti allo stesso schermo world wide .
Ognuno è regista , artista, grafico, fotografo, l’Ego creativo è appagato.
Siamo diventati dunque tutti artisti? Forse no, ma abbiamo comunque aperto uno spiraglio nel subconscio di ognuno come un arricchimento, alla ricerca di una propria identità, uno stile…
Oggi , tra i giovani e non, etica ed ideali spuntano ogni dove , sicuramente di più che nelle aule scolastiche , in attesa che argomenti , scienza , sapere ed arte collimino con i futuri programmi educativi a conferma di un ruolo fondamentale della rete.

Nei nuovi movimenti culturali emergenti è proprio questo il punto chiave che va affrontato. Non siamo dunque tutti Artisti!  Ma il “tendervi” avvicina la nostra sensibilità a tanti altri fenomeni quali il sapere, vedere, leggere, intuire la trasformazione in atto, cogliere, come nei lembi delle galassie, le librerie universali, di questo grande Mondo Globale,abbiamo bisogno di un’ antropologia della Rete,che produca “conoscenza degli altri” e ne evidenzi i meritevoli, nei vari settori, che spingono sulle strade dell’ extra-ortodossia. I movimenti per i diritti che nascono dalla rete sono “nipoti” forse maturi per i nuovi balzi in avanti?
Proviamo ad allontanare nel mondo dell’arte  la visuale, spesso troppo ferma sulle “pozzanghere dell’occidente”,energie spossate,cadaveri sezionati, le Morgues, il malessere derivato dai limiti imposti dalle Autorità, penso soprattutto alla Fotografia di oggi, e prendiamo le distanze anche un po’ dal ”minimalismo” conformista, fratello assuefatto del “massimalismo” indecente. Bisogna imparare a proiettarci in una ricerca che sappia volare, tra cielo e terra, abbastanza bassa, per non farsi intercettare dai Radar.     

Giusto Puri Purini
01.01.2011

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mercoledì 13 luglio 2011

Lo specifico locale e lo spirito del luogo, il Circolo del Ministero Affari Esteri





Il Circolo del Ministero Affari Esteri

Frequentai il Circolo del Ministero degli Affari Esteri, come tanti altri figli di diplomatici, nell’intervallo tra due sedi, tra il 1954 e il 1956.
Fu il mio primo contatto, con il gioioso mondo che allora vi aleggiava.
Guardavo i ragazzi e le ragazze che avevano qualche anno di più di me. Arrivavano con le loro macchine rombanti, si muovevano in modo leggero e dorato come se si trovassero in un luogo di vacanza, nel cuore di Roma.
Civettavano nei giardini, si tuffavano in piscina, si scontravano a tennis….e le ragazze ammiravano i più forti. Gli “ospiti” erano allora Emanuele Pantanella, Meralda Caracciolo, Ferdinando Scarfiotti, Fiamma Lovatelli.
Questa magica atmosfera fu per me l’anticamera dell’adolescenza, e capii dopo, come l’Architettura ne fosse una parte integrante.
Quella del Circolo fu Architettura dell’entertainment, del tempo libero, come già si era espressa nei vivaci stabilimenti balneari  sul litorale di Ostia, in tanti altri luoghi del mare italiano, e in altri luoghi, esotici e lontani: le colonie!
Molti anni dopo, divenuto architetto e viaggiatore, lessi una nota di Giuliano Gresleri, a margine di una Mostra sull’Architettura italiana d’Oltremare, ed in Libia in particolare:  “è però possibile affermare che le scelte formali, l’uso di luoghi opportunamente messi a punto per le varie occasioni, la ricerca di uno “specifico locale”, spesso persino una certa volontà di aderenza allo “spirito del luogo”… facciano parte di intenti che inseguono significati e valori di una Architettura che ubbidiva comunque all’improbabile programma di essere,  “italica, mediterranea, classica” quando non imperiale e autarchica allo stesso tempo.
Spirito del luogo e specifico locale, divenivano termini per definire tra gli altri i lavori in Libia dell’arch. Florestano di Fausto.
Era lui l’autore del progetto del Circolo.
Il viaggio e l’Architettura erano dunque all’origine di queste contaminazioni.
La cultura europea dell’Ottocento e Novecento, con le sue abitudini acquisite e le sue tecnologie avanzate era rimasta profondamente sedotta nell’impatto con le nuove culture dei paesi conquistati, da quei ritmi nuovi, sospesi nel tempo e nello spazio: gli spiriti dei luoghi.
Nel momento in cui divenne cultura dominante, nacque l’esperienza coloniale dell’epoca, e fu soprattutto l’Architettura che lasciò impronte.
Già nel passato, erano esistiti, esempi illuminanti di tali rapporti, vedi la Magna Grecia e le colonie Ioniche: Prieto, Milene, Dindima, Priene, oltre a quelle della madre patria, anche di influssi proveniente dal lontano oriente. Esse erano dunque, città stato, innovatrici rispetto al territorio circostante e straordinarie per intrecci culturali e storici. Furono poi, soprattutto spagnoli, portoghesi, inglesi, francesi, ed italiani, i viaggiatori dell’Architettura, che con  maggior determinazione , coniugarono con la loro cultura , l’idea del “mondo nuovo”,della sperimentazione azzardata, dell’Architettura della seduzione!
Pensiamo, per esempio, al Palazzo del Vescovado di Cos (Grecia), nel “Dodecanneso” italiano, dalla facciata ritmata, dalla “lezione”del Palazzo Ducale di Venezia, con gli archi antistanti un portico, contornati da trafori, filtranti luce nella tridimensionalità della facciata interna, libertà, vezzi.
Poi in Asia, Pinang in Malaisia, fondata nel 1786 da Francis Light,  Goa, in India, fondata dai Portoghesi sulle acque dell’oceano Indiano, Pondycherry, colonia francese nel Tamil Nadu, India. In America , la “Nouvelle Orleans” nel Deep South americano.
Sembrava che i nipoti del Palladio, assorbita la lezione archetipo del maestro portassero il neoclassicismo, divenuto cultura europea e dilagato nel vecchio continente, dalla Scozia, alla Francia, verso i nuovi lidi, alla ricerca di un’integrazione di luoghi, di climi, di atmosfere. Si rendeva soave e leggera, una lezione basata sul monumentalismo dell’Architettura greca e delle sue influenze.
Fu dall’eclettismo dell’Architetto Florestano Di Fausto, e da altri che ne seguirono l’intuito, che nacque un’Architettura razionale, ma non troppo, sparsa tra il  Dodecanneso (Rodi e Cos) , la Libia (Tripoli), Roma (fu a lungo consulente del Ministero degli Affari Esteri) e varie sedi diplomatiche , tra la Tunisia, i Balcani ed il Giappone . Si definisce genericamente mediterranea e non disdegna, criticata dai puristi razionali di allora:”Di mediare senza traumi tra modernismo, Novecento, impostazione classica, beaux arts e arabisance”. (Come dice Gian Paolo Consoli nelle note biografiche a margine della mostra: Architettura Italiana d’Oltremare). S’intravedeva per la prima volta una via del Sud, nell’Architettura Moderna.
Ritornai al Circolo MAE alla metà degli anni ’90, chiamato insieme all’arch. Maurizio Mariani, dall’Ambasciatore  Maurizio Moreno, che iniziò l’opera di trasformazione ,poi l’ambasciatore Squadrilli, e soprattutto gli ambasciatori fratelli, Umberto ed Alessandro Vattani, furono i motori della nuova era del circolo. Già dalle prime ristrutturazioni interne iniziò a manifestarsi il nostro percorso architettonico, attento alle contaminazioni con le culture di altri paesi , vedi le muscharabie del ballatoio  del salone principale. Il Circolo doveva divenire, quello spazio delicato e complesso che potesse riunire sport, tempo libero, rappresentanza, ristorazione di qualità e produzione culturale sotto varie forme.
Proseguimmo, quell’ idea di associare l’arte ai luoghi di lavoro, come al MAE, dove grandi presenze di artisti contemporanei avevano reso irresistibili quegli spazi severi.



Circolo M.A.E., il ristorante
 

Circolo M.A.E., il Bar
 
Al Circolo, il lavoro iniziato al MAE si rivelò subito una carta vincente.
Non solo nei rinnovati ambienti interni dove spicca nel ristorante principale l’opera di Sandro Chia, con lavori su mosaico inseriti in appositi riquadri, ma anche nella veranda e nei padiglioni di cristallo, l’arte, con il viale di Sandro Sanna, l’opera di Paladino e tante altre, si colloca quasi da sola, e prosegue negli ampi e splendidi giardini che si erano nel frattempo arricchiti di fioriture multicolori e di piante esemplari, e, si spingevano finalmente in un modo organico, a lambire le rive del fiume, grazie anche all’opera di contenimento e sistemazione che l’Ente Tevere e il Genio Civile avevano iniziato.
Questo fondersi dell’arte con la natura, il viaggio con la conoscenza, avevano arricchito la “sapienza” di un luogo,  diventato di Cultura, fatto, da esempio trainante alla valorizzazione di un fiume storico come il Tevere, e con il suo anelito di contemporaneità, dato un suggerimento alla città di Roma.
Ci rendemmo conto in fondo che avevamo consciamente e discretamente proseguito, nella ricerca di una “aderenza allo spirito del luogo”, l’opera dell’architetto Florestano Di Fausto.
Alcune delle opere esposte al Circolo M.A.E.
sono presenti artisti come Sandro Sanna, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Francesca Tulli,Gino Marotta, Piero Dorazio






Circolo MAE, interni




mercoledì 15 giugno 2011

Allestimento della mostra di Gianfranco Notargiacomo alla Galleria d'Arte Moderna, Roma 2009


l'invito alla mostra





bozzetto dell'allestimento





i "personaggi" di Notargiacomo
 

l'architetto alla GNAM

la recensione


uno dei "personaggi" di Notargiacomo

giovedì 9 giugno 2011

This is an example of ITALIANATE architecture


Leonardo da Vinci, Architettura da festa
Pensavo al "French Quarter", ed a St. Charles avenue a New Orleans, regina negli U.S.A. della musica, luogo d' incontro di tante culture, città "entertainement" per eccellenza.
La "città della festa", mi fù evidente, quel “mardì gras” 1972.
Mi trovavo a New Orleans per caso e di passaggio. Mi immersi in una realtà vorticosa, trascendentale. Tutto fluiva, tutto pareva vi fosse permesso, la musica ed il contorno architettonico risuonavano nelle strade.


New Orleans


 
New Orleans


  




New Orleans
  



Mi trovai come per caso in una libreria, vi cercai testimonianze di ciò che andavo vedendo. Un città trasformata, piena di merletti, un' impermanenza sfacciata, edifici, natura, verande, patii, tutti gli elementi della seduzione, esposti ai sensi, mutevoli come le ombre, con lo scorrere delle ore.
Pensai nuovamente ad "Architettura di un giorno"!
Poi tra le mani mi trovai un libro, disegni e fotografie di una strada famosa di New Orleans, "Esplanade", che avrebbe dovuto essere inaugurata da Napoleone Bonaparte, in un viaggio da lui sognato e mai realizzato.
Londra, Chiswick House
Sotto l'ottanta per cento delle immagini vi era scritto: "This is an example of an italianate Architecture".

L'Italianata, "l'Italianate" mi rimbalzava nella mente, e nella convinzione di avere in mano una chiave di lettura che mi riguardasse da vicino, pensavo alla nostra cultura formativa: "Blue Jeans", "Chewing gumm", Frank Lloyd Wright, J Dean, "il giovane Holden", "Easy Ryder" e tutte le "Americanate" che noi europei ci siamo portati appresso nei "roaring Fifties ad sixties" e perché no? Pensavo ai "Western spaghetti" i famosi western italiani girati tra i cartoni di Cinecittà e le praterie di Ostia Antica; Clint Eastwood, Sergio Leone: "Giù la testa"!

Vi era, laggiù, a New Orleans, il sapore di un altro Mediterraneo come origine degli eventi… Palladio, il grande architetto veneto, ed i suoi pronipoti, emigrati in Colonia, mi apparvero come gli unici artefici di questa "italianata" eversiva, dal neoclassicismo appena sfiorato, quasi irriverente. Sul restante 20% delle illustrazioni, la didascalia riportava "This is an example of a Greek Architecture"!
Ebbi la sensazione che attraverso queste trasparenze, queste ombre, attraverso un filo di Arianna luminoso, sarei stato trasportato nella storia, come un ascensore, verso il passato e viceversa, in luoghi dove tutto si ritrova e si riscopre.



Pianta di New Orleans

....Quando vidi per la prima volta di Pondycherry, capii subito che questa città distesa sulle coste del Tamil Nadu, a fronteggiare il mar delle Andamane, sarebbe di prepotenza entrata in quella folta schiera di “città luce”, come uso definire le città coloniali, destinate a raccogliere le grandi fusioni etniche e culturali del XVIII e XIX secolo.

New Orleans

Gli edifici palladiani che la compongono, quali insediamenti governativi, sontuose residenze, chiese e scuole, sono formati da colonne, doriche , corinzie, lisce, scanalate, dai tenui colori aranciati. Immersi in verdi profondità tropicali, capitelli, logge, balconi si fondono con gli elementi primari dell’architettura indiana, case patio, lunghe facciate con arretramenti e filtri di luci, di ogni foggia e stile, a creare ombre e microclimi.

Come nel quartiere francese della Nouvelle Orleans, gli edifici sono disposti a scacchiera con grandi boulevard e strade strette. Questo di Pondycherry, nel sub continente indiano, rappresenta l’unico esempio consistente di una presenza francese in quell’area, e oggi un vasto programma di conservazione ne garantisce la sopravvivenza.

Nei luoghi di questa città indo-europea arrivavano anticamente navi dalla Grecia, la chiamavano Podukè, e ora, scavando stanno venendo alla luce i resti di un porto romano, muraglioni, anfore e monete e 8 Km più a nord, in modo non casuale, in una grande piana poco distante dal mare, alcuni alberi millenari, Bamyan, sacri come quelli di Bodgaia  per il Buddha Sakyamuni, segnano un terreno che è stato luogo di raccoglimento e meditazione e anticamente chiamato Puri-Veda. Uno dei centri nel sud dell’India da cui furono irradiate le antiche regole, tramandate oralmente.


Pianta di Pondicherry



Pondicherry

 
Pondicherry
 





Pondicherry

Pondicherry



"Memoria del Futuro"Mostra al Maschio Angioino, Napoli 2004




Alle origini, rappresentazioni della vita animale: riproponendo i gesti ed i suoni della preda cacciata (sopravvivenza), se ne esorcizzava la ragione del sacrificio.  Poi gli stessi animali, soggetti pittorici nei graffiti rupestri! (più profonde erano le caverne, più solide erano le radici che ne celebravano la bellezza e l’importanza di esistere.) Poi i Totem (“il padre” per Freud), con essi gli spazi della rappresentazione uniscono il cosmo con la terra, ed il drammaturgo–interprete diventa lo Sciamano: “Il Tramite”.
Dalle culture tribali e rituali, alle società più complesse, come quella Greco-ionica, centro della culla mediterranea, la rappresentazione si arricchisce di uno spazio scenico nuovo: nasce “Il Teatro moderno”!, che con varie innovazioni, arriverà a noi. Prima, legandosi ai piani inclinati di colli e monti della tortuosa morfologia greco-ionica. Un inno diretto ad un’armonia spazio-natura, retaggio delle sue primitive concezioni.
Il mito, la tragedia, la natura si fondono in un’unica ed irripetibile (ogni sera) emozione, perfetto pendolo tra il mondo degli Dei e degli Uomini.
Poi, con i Romani, da grandi urbanisti quali erano, il Teatro viene trasportato all’interno della città, qualche volta in veri e propri quartieri destinati allo spettacolo per farne definitivamente un “Edificio”.
Dei, Semidei, Uomini. La Storia si ripete anche intorno agli spazi delle rappresentazioni, ed oggi che il Teatro classico rappresenta per  i contemporanei, una delle ultime porte pulsanti della comunicazione del passato, ci rendiamo conto che è più popolare che mai!
Questa Mostra, “Memoria del futuro” vuole essere una macchina del tempo che faccia risaltare nell’area del Mediterraneo le antiche autostrade del sapere e della comunicazione, i quesiti sulla natura profonda dell’essere, e le acrobazie dialettiche nell’eterna lotta fra il bene ed il male.
Domande alle quali ancora oggi non potremmo rispondere senza interrogarci profondamente sul nostro passato ed è oggi, con questo proiettarci verso il futuro, che si può far fare alla ricerca dei nostri archetipi, un salto di qualità.

martedì 31 maggio 2011

lunedì 30 maggio 2011

Progetto per un complesso residenziale vicino Roma



Il progetto


Prospettiva di una zona

La planimetria generale

Prospettiva Suites con giardino

Prospettiva Suites
Render Suites



Disegni per la disposizione degli spazi

Prospettiva dell'interno


Progetto esecutivo Suites