mercoledì 13 luglio 2011

Lo specifico locale e lo spirito del luogo, il Circolo del Ministero Affari Esteri





Il Circolo del Ministero Affari Esteri

Frequentai il Circolo del Ministero degli Affari Esteri, come tanti altri figli di diplomatici, nell’intervallo tra due sedi, tra il 1954 e il 1956.
Fu il mio primo contatto, con il gioioso mondo che allora vi aleggiava.
Guardavo i ragazzi e le ragazze che avevano qualche anno di più di me. Arrivavano con le loro macchine rombanti, si muovevano in modo leggero e dorato come se si trovassero in un luogo di vacanza, nel cuore di Roma.
Civettavano nei giardini, si tuffavano in piscina, si scontravano a tennis….e le ragazze ammiravano i più forti. Gli “ospiti” erano allora Emanuele Pantanella, Meralda Caracciolo, Ferdinando Scarfiotti, Fiamma Lovatelli.
Questa magica atmosfera fu per me l’anticamera dell’adolescenza, e capii dopo, come l’Architettura ne fosse una parte integrante.
Quella del Circolo fu Architettura dell’entertainment, del tempo libero, come già si era espressa nei vivaci stabilimenti balneari  sul litorale di Ostia, in tanti altri luoghi del mare italiano, e in altri luoghi, esotici e lontani: le colonie!
Molti anni dopo, divenuto architetto e viaggiatore, lessi una nota di Giuliano Gresleri, a margine di una Mostra sull’Architettura italiana d’Oltremare, ed in Libia in particolare:  “è però possibile affermare che le scelte formali, l’uso di luoghi opportunamente messi a punto per le varie occasioni, la ricerca di uno “specifico locale”, spesso persino una certa volontà di aderenza allo “spirito del luogo”… facciano parte di intenti che inseguono significati e valori di una Architettura che ubbidiva comunque all’improbabile programma di essere,  “italica, mediterranea, classica” quando non imperiale e autarchica allo stesso tempo.
Spirito del luogo e specifico locale, divenivano termini per definire tra gli altri i lavori in Libia dell’arch. Florestano di Fausto.
Era lui l’autore del progetto del Circolo.
Il viaggio e l’Architettura erano dunque all’origine di queste contaminazioni.
La cultura europea dell’Ottocento e Novecento, con le sue abitudini acquisite e le sue tecnologie avanzate era rimasta profondamente sedotta nell’impatto con le nuove culture dei paesi conquistati, da quei ritmi nuovi, sospesi nel tempo e nello spazio: gli spiriti dei luoghi.
Nel momento in cui divenne cultura dominante, nacque l’esperienza coloniale dell’epoca, e fu soprattutto l’Architettura che lasciò impronte.
Già nel passato, erano esistiti, esempi illuminanti di tali rapporti, vedi la Magna Grecia e le colonie Ioniche: Prieto, Milene, Dindima, Priene, oltre a quelle della madre patria, anche di influssi proveniente dal lontano oriente. Esse erano dunque, città stato, innovatrici rispetto al territorio circostante e straordinarie per intrecci culturali e storici. Furono poi, soprattutto spagnoli, portoghesi, inglesi, francesi, ed italiani, i viaggiatori dell’Architettura, che con  maggior determinazione , coniugarono con la loro cultura , l’idea del “mondo nuovo”,della sperimentazione azzardata, dell’Architettura della seduzione!
Pensiamo, per esempio, al Palazzo del Vescovado di Cos (Grecia), nel “Dodecanneso” italiano, dalla facciata ritmata, dalla “lezione”del Palazzo Ducale di Venezia, con gli archi antistanti un portico, contornati da trafori, filtranti luce nella tridimensionalità della facciata interna, libertà, vezzi.
Poi in Asia, Pinang in Malaisia, fondata nel 1786 da Francis Light,  Goa, in India, fondata dai Portoghesi sulle acque dell’oceano Indiano, Pondycherry, colonia francese nel Tamil Nadu, India. In America , la “Nouvelle Orleans” nel Deep South americano.
Sembrava che i nipoti del Palladio, assorbita la lezione archetipo del maestro portassero il neoclassicismo, divenuto cultura europea e dilagato nel vecchio continente, dalla Scozia, alla Francia, verso i nuovi lidi, alla ricerca di un’integrazione di luoghi, di climi, di atmosfere. Si rendeva soave e leggera, una lezione basata sul monumentalismo dell’Architettura greca e delle sue influenze.
Fu dall’eclettismo dell’Architetto Florestano Di Fausto, e da altri che ne seguirono l’intuito, che nacque un’Architettura razionale, ma non troppo, sparsa tra il  Dodecanneso (Rodi e Cos) , la Libia (Tripoli), Roma (fu a lungo consulente del Ministero degli Affari Esteri) e varie sedi diplomatiche , tra la Tunisia, i Balcani ed il Giappone . Si definisce genericamente mediterranea e non disdegna, criticata dai puristi razionali di allora:”Di mediare senza traumi tra modernismo, Novecento, impostazione classica, beaux arts e arabisance”. (Come dice Gian Paolo Consoli nelle note biografiche a margine della mostra: Architettura Italiana d’Oltremare). S’intravedeva per la prima volta una via del Sud, nell’Architettura Moderna.
Ritornai al Circolo MAE alla metà degli anni ’90, chiamato insieme all’arch. Maurizio Mariani, dall’Ambasciatore  Maurizio Moreno, che iniziò l’opera di trasformazione ,poi l’ambasciatore Squadrilli, e soprattutto gli ambasciatori fratelli, Umberto ed Alessandro Vattani, furono i motori della nuova era del circolo. Già dalle prime ristrutturazioni interne iniziò a manifestarsi il nostro percorso architettonico, attento alle contaminazioni con le culture di altri paesi , vedi le muscharabie del ballatoio  del salone principale. Il Circolo doveva divenire, quello spazio delicato e complesso che potesse riunire sport, tempo libero, rappresentanza, ristorazione di qualità e produzione culturale sotto varie forme.
Proseguimmo, quell’ idea di associare l’arte ai luoghi di lavoro, come al MAE, dove grandi presenze di artisti contemporanei avevano reso irresistibili quegli spazi severi.



Circolo M.A.E., il ristorante
 

Circolo M.A.E., il Bar
 
Al Circolo, il lavoro iniziato al MAE si rivelò subito una carta vincente.
Non solo nei rinnovati ambienti interni dove spicca nel ristorante principale l’opera di Sandro Chia, con lavori su mosaico inseriti in appositi riquadri, ma anche nella veranda e nei padiglioni di cristallo, l’arte, con il viale di Sandro Sanna, l’opera di Paladino e tante altre, si colloca quasi da sola, e prosegue negli ampi e splendidi giardini che si erano nel frattempo arricchiti di fioriture multicolori e di piante esemplari, e, si spingevano finalmente in un modo organico, a lambire le rive del fiume, grazie anche all’opera di contenimento e sistemazione che l’Ente Tevere e il Genio Civile avevano iniziato.
Questo fondersi dell’arte con la natura, il viaggio con la conoscenza, avevano arricchito la “sapienza” di un luogo,  diventato di Cultura, fatto, da esempio trainante alla valorizzazione di un fiume storico come il Tevere, e con il suo anelito di contemporaneità, dato un suggerimento alla città di Roma.
Ci rendemmo conto in fondo che avevamo consciamente e discretamente proseguito, nella ricerca di una “aderenza allo spirito del luogo”, l’opera dell’architetto Florestano Di Fausto.
Alcune delle opere esposte al Circolo M.A.E.
sono presenti artisti come Sandro Sanna, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Francesca Tulli,Gino Marotta, Piero Dorazio






Circolo MAE, interni