lunedì 7 novembre 2011

...“Puoi portare in india una mostra su Leonardo?”












Quella volta la telefonata di Gaia Franchetti e di Alberto Bracci, titolari di una nascente associazione Italia-India, fu: "Giusto, puoi andare in India, a realizzare una mostra su Leonardo da Vinci!”.
Rimasi folgorato! Tanti avvenimenti mi spingevano ormai verso quella realtà. Tanti amici vi erano stati, alcuni erano rimasti per lungo tempo, altri, tornati con l'aria incantata e con verità interne completamente ribaltate! Io, in fondo, cercavo un approccio diverso con quella realtà, non da turista, e non da discepolo di qualche guru, bravo e capace a disoccidentalizzare in superficie, lasciando però, sotto la nuova leggera patina, egoismi, e capricci. Pensavo soprattutto a Baguan Sri Ranesh grande conoscitore delle filosofie occidentali, e quindi pronto ad accogliere nel suo grembo antico, le avanguardie esistenzialiste e stressate del. nostro mondo.
Ma, l'Induismo, a parte alcuni di questi ashram, diciamo molto liberali verso il mondo occidentale era una straordinaria filosofia della vita, in perenne contatto con il passato delle grandi filosofie vedaiche.
L'India che desideravo, era quella magica e misteriosa, piena di segreti da svelare e di nuove e ancora più antiche storie da raccontare.
Avvicinarmi a tutto questo, all'ombra di uno straordinario artista come Leonardo da Vinci, era come possedere un passaporto, una chiave di lettura che mettesse a confronto un modernismo del passato (Leonardo), ed uno del presente (India).
Gran parte del paese, allora, funzionava come le sue "Macchine", dal regime delle acque, alle forze meccaniche, all'agricoltura, alle produzioni industriali.
L'unico paese al Mondo, che viveva di regole non scritte, ma tramandate oralmente, e che per qualche migliaio di anni aveva generato la vita dal caos! Scoprii solo, alcuni anni dopo, che si trattava della più antica ed edonista società della storia mondiale!
Al cinema gli attori non si baciano sulla bocca, ma il Panteon delle divinità Indù è tutto basato sulla seduzione: Shiva, il grande ballerino, Parvati (la moglie), sensuale e coperta di veli e un'infinita schiera di Deità minori che banchettano al tavolo dei tradimenti e dell'amore e pensavo alle pie e sante donne del Panteon cattolico, coperte come donne islamiche.
Comunque, finalmente oltre alle lezioni di Jung, gli occidentali avevano scoperto un luogo dove la realtà si annida dentro di noi, ed è il subconscio, il motore del nostro essere, il luogo dove si depositano le domande e le risposte attraverso l'auto-controllo e la meditazione.
Penso anche che i successi economici di questi ultimi anni,. porteranno l'India, piano piano a disfarsi delle caste, gerarchia rigida e restrittiva, ma che ha impedito, surrealmente, che il pollice del piede di Shiva,in queste migliaia di anni, non si sia spostato dal foro che, trattenendo gli oceani, tiene il mondo nel suo precario ma armonico equilibrio.
Fu l'occasione, con questa mostra "Leonardo in India", composta da manichini vestiti da Piero Tosi ed Umberto Tirelli,a riprodurre lo sfarzo della Firenze del Rinascimento, integrata dagli splendidi modelli e “macchine” di Leonardo, provenienti dal museo Poldo Pezzoli di Milano, completata da una serie di padiglioni, ispirati ai suoi disegni tratti dall’"architettura da festa", di trasportare in India un "concept" delle città italiane di allora.
"L'architettura da festa" mi era strettamente compatibile, vicina all'idea metafisica del vuoto e del pieno. La sua concezione della colonna dorica, segnata verticalmente da tondini e fissata orizzontalmente da cerchi, era il "minimo" che potesse recepire ed indicare lo spazio. Poi tetraedri strutturali, come le filiformi strutture di acciaio degli edifici moderni, componibili tra di loro, a creare coperture, tensostrutture modulari. Spazi da occupare per le grandi feste dei Gonzaga, che si esaurivano in un tempo effimero tra l'alba ed il tramonto.
Queste architetture leggere, sperimentate già ai Vivai del Sud come gazebo, padiglioni, che già tanto mi avevano colpito nel raffronto con la Nouvelle Orleans, furono le armi che portai con me in quelle due mostre, realizzate a Delhi e a Bombay.
E fu con grande stupore che in una calda e buia notte a Delhi nell'Aprile del 1987, vedemmo uscire da alcuni vagoni merci in una sperduta stazione commerciale, insieme ad Alberto Bracci e Jill Rossellini, queste colonne traforate, queste cupole, questi sfarzosi manichini, e queste macchine realizzate in Italia, che sembravano fatte a misura d'uomo. Un guru dell'Occidente che attraversava il mondo per portare in quelle terre lontane 'il suo messaggio di idee e di invenzioni.
La mostra, a Nuova Delhi, al Lalith-Kale, fu un grande successo, evidente era la sintonia con l'India pre tecnologica ed il messaggio sul manifesto in seppia, del volto del grande maestro italiano, che si stagliava contro una complessa parete marmorea, traforata, fotografata qualche mese prima a Fatepur-Sikri, ultima dimora dei Moghul, fu il degno completamento di questa complessa ricerca culturale.
La sera prima dell'inaugurazione, ero distrutto dalla fatica, stavamo allestendo la mostra, da quattro giorni ed eravamo ormai pronti per l’atto finale, mancava solo da sistemare nell'ingresso una moquette rosso fuoco.
In un angolo c'era un grande rullo intero che non era ancora stato usato, ed in un altro, accatastati, una montagna di sfridi della stessa moquette, che dovevano essere buttati.
Chiesi ai miei operai, rajastani dopo aver mostrato loro il rullo intero, di montarmi questi ultimi 30 mq, io sarei andato in albergo, a fare una doccia. Me ne andai tranquillo sicuro di essere stato capito,  quando tornai il giorno dopo alle 8 per dare gli ultimi ritocchi, notai con sorpresa, che il rullo di moquette era stato montato sul camion, e per terra all'ingresso, c'era una meravigliosa palladiana rossa creata con gli sfridi! Gli sembrava sciocco tutto quello spreco!
La rivista Indian-Architecture, dedicò una copertina all'avvenimento, ed un articolo intitolato "The red carpet treatement" .
Ci fu una replica della Mostra qualche mese dopo a Bombay (oggi Mumbai).
Fu sponsorizzata dalla famiglia Tata, ed ospitata nel grande centro culturale omonimo, da loro voluto e realizzato dal grande architetto americano Paul Rudolph. Visitammo i grandi stabilimenti di produzione e di ricerca dei Tata, le tecnologie avanzatissime, una famiglia con interessi in ogni settore, dal nucleare, ai trasporti, alle telecomunicazioni, facevano intravedere già allora le potenzialità di questo Paese sospeso tra lo spazio ed il tempo e pronto al grande balzo in avanti, che in una ventina d'anni si sarebbe manifestato con tutta la sua potenzialità. Tata è diventato l'India produttiva e burocratica. Il biglietto per il wagon-lit che si prenota in anticipo, dopo lunghe file, è nominale e fa sì che il tuo nome appaia con il numero del posto affisso sulla parete del vagone, come un servizio personalizzato. Come si può nel caos realizzare anche questo?
Oggi i Tata sono tanti e gli antichi Parsi, zooroastriani venuti dalla Persia, sono il gruppo etnico più potente di Mumbai. Alla loro morte i corpi vengono adagiati su delle grandi piattaforme di cemento sostenute da alte palizzate che si ergono fra le ville nelle colline sopra Mumbai, per essere dilaniati dagli avvoltoi (affinché il ciclo della reincarnazione, possa essere più veloce). Nulla veniva disperso e tornava alla natura.
Vidi una città dalle mille facce, ma vi si riconosceva il segno della modernizzazione britannica, un'impronta detta "coloniale", come un "lontano da te"... ma così brillantemente inserita in quella antica cultura architettonica d'oriente che ne accentuava l'unicità del carattere e delle forme. La severità classica dei grandi interventi urbanistici della pari modernità europea, contrastava con i colonnati bianchi ed i giochi d'ombra dei grandi edifici, come se una seconda pelle dalle mille forme avesse tutto avvolto, in un ritmato gioco del vedere, non vedere... oltre a Paul Rudolph ed altri,Le Corbusier,Louis Khan, spettò ad un architetto Goano, Charles Correa, e ad alcuni suoi edifici, autore tra l'altro di una bella mostra che vidi allora sulla natura dell'origine cosmica dell'India (Vishtara), di mostrare quella capacità di trascendere il passato, con l'impronta della modernità, rimanendo coerente con il suo ambiente naturale.

giovedì 3 novembre 2011

Le Exposizioni Mondiali

Lisbona 1998

Hannover 2000

Siamo diventati tutti artisti?




Federico Fellini
konrad Lorenz

 

Roberto Rossellini
Pier Paolo Pasolini








E…all’inizio fu il Caos…

Nulla del seme piantato negli anni 60, culminato con i folgoranti avvenimenti che vanno dal 1968 ai giorni nostri è andato perduto. Una,fino ad allora,delle più incredibili rivoluzioni pacifiche della storia, stava attraversando come un Tornado,tutti i livelli della società occidentale,fatta sempre di Caste, di Padri Padroni e di Furori Guerrieri, postumi della seconda guerra mondiale.

La Rivoluzione giovanile, figlia si della ricchezza e del “tempo libero” accumulati dall’Occidente, ma anche consapevole delle tante battaglie condotte per la libertà e per l’indipendenza, in Centro e Sud America, in Africa come in Asia, rappresentò l’inizio di una globalizzazione del pensiero “contro”,che in gran parte iniziava a rifiutare i dogmi centralistici del comunismo nell’Unione Sovietica da una parte e della società conservatrice fondata sui valori della chiusura e del “compromesso familiare” in senso largo, dall’altra. Ben lungi dall’essere un movimento parassitario, come anche “l’Oggi”,che i profeti del nichilismo mediatico cercano invano di venderci, i valori fondanti del ’68 rimangono di carattere intellettuale e filosofico più che politico. La ricerca, anche non coordinata tra le varie discipline, attraverso le avanguardie artistiche, determinò l’unica vera onda comune di pensiero alternativo, agli schemi preposti dalla società occidentale. Una rottura degli schemi illuministi, post-illuministi e post-moderni, che avevano bisogno di essere quanto meno aggiornati, per arrivare ad una terza via ,il vivere in un clima “felice”, in convivenza con il proprio inconscio, socio maggioritario della nostra evoluzione.

Ci si batterà dunque con grande ardore per l’uguaglianza dei cittadini e delle razze, per i diritti universali, per una “Nuova Società”, ma in blue jeans, con Jimmy Hendricks e la grande musica di quegli anni a scandire il battito del cuore e il ritmo dell’azione. I luoghi d’Arte e di Cultura, la Biennale del Cinema di Venezia, il Festival di Cannes, le Quadriennali, la Scuola, le sedi dei partiti e dei “movimenti”,le libere Assemblee, gli esami, i meriti individuali, si scrollavano la polvere di dosso,ormai sommersi da una contestazione profonda e dissacratoria,che distruggeva i miti dei ben pensanti e dei conservatori. Nulla fu più come prima,e nella corsa frenetica per una” nuova consapevolezza”, che mai nella Storia questa generazione aveva conosciuto,ci si avviava alla costruzione di un “Mondo Nuovo”.  Il confronto, per citare alcuni dei grandi maestri,era con Roberto Rossellini, con Fellini e Pasolini, si leggevano Konrad Lorenz, scoprendo l’Ecologia, Jung, scoprendo l’inconscio, e poi tra i Filosofi, Marcuse, Benjamin, Deleuze, Levy, Glucksman.
Si  approfondiva il rapporto con i “Maitres Penseurs”, d’origine francese, Cohn Bendit saliva sulle barricate…gli “uccelli “  volavano sui tetti della Facoltà di Architettura, Pasolini, negli scontri di Valle Giulia stava dalla parte dei figli del popolo (i poliziotti), era arrivato come un maremoto il 1968!

Una “disoccidentalizzazione”del Sistema diventa uno scioglilingua imperativo,si parte per altri lidi. Le mete diventano i mondi nuovi della comunicazione, luoghi dove l’Umanesimo e le sue culture associate,fossero ancora all’ordine del giorno. Si va nei paesi islamici del Mediterraneo,si va nei paesi poveri ma ricchi di culture antiche,in Sud America,si va in autobus da Londra a Delhi,per scoprire l’India, si va in Africa verso i Dogon, i Tuareg, I Peul, si scopre il nomadismo musicale e i grandi viaggi. Ci si chiede da dove vengano le cose che amiamo, non ci bastano le spiegazioni occidentali, radicate nella storia si’, ma senza le istruzioni per trascendere l’ Ego Onnipresente. Cerchiamo, anche oggi, la “Verità” o le tante verità insieme. Ci dobbiamo ricordare anche, che siamo stati preceduti, da tanti altri “viaggiatori”,che nei secoli precedenti hanno scandagliato i mondi sconosciuti, ci si abbevera delle pagine di Herman Hesse,di Rimbaud,di Gourdjeff,di Tucci e di Maraini, del recente Chatwin,si vedono finalmente i documentari sull’India di P.P.Pasolini,di R.Rossellini e i viaggi di Moravia in Africa.  Dopo Easy Ryder di Denis Hopper,si saccheggia la cultura “On the road” americana e si scoprono i suoi poeti e scrittori ,Ginsberg, Corso, Bukowsky, la Pop Art con i suoi pittori. Nasce la swinging London e i poeti diventano cantanti a ritmo di rock’n roll...

Ecco, secondo me,  questa straordinaria ragnatela del sapere, oggi, aggiornata dalla storia scorre come un alveo gigantesco,negli infiniti meandri della Rete, e furono quei primi assiomi,a decretare attraverso Internet, una democratizzazione della comunicazione,”l’Underground” che diventa:”e quindi uscimmo a rivedere le stelle” (Dante). Le stelle come messaggi che toccano la coscienza, l’informazione totale che sciocca le coscienze. La platea globale diventa lo scenario della comunicazione, tutti possono con i nuovi strumenti high tech.,misurare il proprio io,con il mondo della creatività e sensibilizzare, raggruppare velocemente masse informate e dunque libere.

Siamo dunque tutti diventati Artisti? invece di vittime della Restaurazione? Certamente non è così. Di quell’Epoca ci siamo certamente portati dietro, mura abbattute e porte spalancate, nuovi rapporti di forza, dove ognuno ha combattuto la propria battaglia ,ma soprattutto si è in grado oggi, fin da giovani, di prendere coscienza di ciò che ci circonda, di formare consapevolezza ed energia.
Inoltre nessun sapere umano è mai stato così vicino alla perfezione, vedi internet, nel raccogliere , catalogare e restituire al mondo di oggi l’arte del passato, del presente , del futuro.
I movimenti giovanili , sempre presenti nella storia , hanno colto per primi questo grande potenziale e come in una dissolvenza cinematografica , una rivoluzione del pensiero e dei costumi , gli anni ‘60 e ‘70, si sono fusi nell’avvento della rete.
Il pensiero creativo , gli associazionisti, le informazioni, le tipologie nuove dei luoghi d’incontro , le ricerche , viaggiano veloci nell’etere , moltiplicando il  sapere e la conoscenza .Dai primi vagiti ad oggi il link più importante che ne deriva è quello tra le generazioni.. Padri, madri, figli, sono finalmente davanti allo stesso schermo world wide .
Ognuno è regista , artista, grafico, fotografo, l’Ego creativo è appagato.
Siamo diventati dunque tutti artisti? Forse no, ma abbiamo comunque aperto uno spiraglio nel subconscio di ognuno come un arricchimento, alla ricerca di una propria identità, uno stile…
Oggi , tra i giovani e non, etica ed ideali spuntano ogni dove , sicuramente di più che nelle aule scolastiche , in attesa che argomenti , scienza , sapere ed arte collimino con i futuri programmi educativi a conferma di un ruolo fondamentale della rete.

Nei nuovi movimenti culturali emergenti è proprio questo il punto chiave che va affrontato. Non siamo dunque tutti Artisti!  Ma il “tendervi” avvicina la nostra sensibilità a tanti altri fenomeni quali il sapere, vedere, leggere, intuire la trasformazione in atto, cogliere, come nei lembi delle galassie, le librerie universali, di questo grande Mondo Globale,abbiamo bisogno di un’ antropologia della Rete,che produca “conoscenza degli altri” e ne evidenzi i meritevoli, nei vari settori, che spingono sulle strade dell’ extra-ortodossia. I movimenti per i diritti che nascono dalla rete sono “nipoti” forse maturi per i nuovi balzi in avanti?
Proviamo ad allontanare nel mondo dell’arte  la visuale, spesso troppo ferma sulle “pozzanghere dell’occidente”,energie spossate,cadaveri sezionati, le Morgues, il malessere derivato dai limiti imposti dalle Autorità, penso soprattutto alla Fotografia di oggi, e prendiamo le distanze anche un po’ dal ”minimalismo” conformista, fratello assuefatto del “massimalismo” indecente. Bisogna imparare a proiettarci in una ricerca che sappia volare, tra cielo e terra, abbastanza bassa, per non farsi intercettare dai Radar.     

Giusto Puri Purini
01.01.2011

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