mercoledì 15 giugno 2011

Allestimento della mostra di Gianfranco Notargiacomo alla Galleria d'Arte Moderna, Roma 2009


l'invito alla mostra





bozzetto dell'allestimento





i "personaggi" di Notargiacomo
 

l'architetto alla GNAM

la recensione


uno dei "personaggi" di Notargiacomo

giovedì 9 giugno 2011

This is an example of ITALIANATE architecture


Leonardo da Vinci, Architettura da festa
Pensavo al "French Quarter", ed a St. Charles avenue a New Orleans, regina negli U.S.A. della musica, luogo d' incontro di tante culture, città "entertainement" per eccellenza.
La "città della festa", mi fù evidente, quel “mardì gras” 1972.
Mi trovavo a New Orleans per caso e di passaggio. Mi immersi in una realtà vorticosa, trascendentale. Tutto fluiva, tutto pareva vi fosse permesso, la musica ed il contorno architettonico risuonavano nelle strade.


New Orleans


 
New Orleans


  




New Orleans
  



Mi trovai come per caso in una libreria, vi cercai testimonianze di ciò che andavo vedendo. Un città trasformata, piena di merletti, un' impermanenza sfacciata, edifici, natura, verande, patii, tutti gli elementi della seduzione, esposti ai sensi, mutevoli come le ombre, con lo scorrere delle ore.
Pensai nuovamente ad "Architettura di un giorno"!
Poi tra le mani mi trovai un libro, disegni e fotografie di una strada famosa di New Orleans, "Esplanade", che avrebbe dovuto essere inaugurata da Napoleone Bonaparte, in un viaggio da lui sognato e mai realizzato.
Londra, Chiswick House
Sotto l'ottanta per cento delle immagini vi era scritto: "This is an example of an italianate Architecture".

L'Italianata, "l'Italianate" mi rimbalzava nella mente, e nella convinzione di avere in mano una chiave di lettura che mi riguardasse da vicino, pensavo alla nostra cultura formativa: "Blue Jeans", "Chewing gumm", Frank Lloyd Wright, J Dean, "il giovane Holden", "Easy Ryder" e tutte le "Americanate" che noi europei ci siamo portati appresso nei "roaring Fifties ad sixties" e perché no? Pensavo ai "Western spaghetti" i famosi western italiani girati tra i cartoni di Cinecittà e le praterie di Ostia Antica; Clint Eastwood, Sergio Leone: "Giù la testa"!

Vi era, laggiù, a New Orleans, il sapore di un altro Mediterraneo come origine degli eventi… Palladio, il grande architetto veneto, ed i suoi pronipoti, emigrati in Colonia, mi apparvero come gli unici artefici di questa "italianata" eversiva, dal neoclassicismo appena sfiorato, quasi irriverente. Sul restante 20% delle illustrazioni, la didascalia riportava "This is an example of a Greek Architecture"!
Ebbi la sensazione che attraverso queste trasparenze, queste ombre, attraverso un filo di Arianna luminoso, sarei stato trasportato nella storia, come un ascensore, verso il passato e viceversa, in luoghi dove tutto si ritrova e si riscopre.



Pianta di New Orleans

....Quando vidi per la prima volta di Pondycherry, capii subito che questa città distesa sulle coste del Tamil Nadu, a fronteggiare il mar delle Andamane, sarebbe di prepotenza entrata in quella folta schiera di “città luce”, come uso definire le città coloniali, destinate a raccogliere le grandi fusioni etniche e culturali del XVIII e XIX secolo.

New Orleans

Gli edifici palladiani che la compongono, quali insediamenti governativi, sontuose residenze, chiese e scuole, sono formati da colonne, doriche , corinzie, lisce, scanalate, dai tenui colori aranciati. Immersi in verdi profondità tropicali, capitelli, logge, balconi si fondono con gli elementi primari dell’architettura indiana, case patio, lunghe facciate con arretramenti e filtri di luci, di ogni foggia e stile, a creare ombre e microclimi.

Come nel quartiere francese della Nouvelle Orleans, gli edifici sono disposti a scacchiera con grandi boulevard e strade strette. Questo di Pondycherry, nel sub continente indiano, rappresenta l’unico esempio consistente di una presenza francese in quell’area, e oggi un vasto programma di conservazione ne garantisce la sopravvivenza.

Nei luoghi di questa città indo-europea arrivavano anticamente navi dalla Grecia, la chiamavano Podukè, e ora, scavando stanno venendo alla luce i resti di un porto romano, muraglioni, anfore e monete e 8 Km più a nord, in modo non casuale, in una grande piana poco distante dal mare, alcuni alberi millenari, Bamyan, sacri come quelli di Bodgaia  per il Buddha Sakyamuni, segnano un terreno che è stato luogo di raccoglimento e meditazione e anticamente chiamato Puri-Veda. Uno dei centri nel sud dell’India da cui furono irradiate le antiche regole, tramandate oralmente.


Pianta di Pondicherry



Pondicherry

 
Pondicherry
 





Pondicherry

Pondicherry



"Memoria del Futuro"Mostra al Maschio Angioino, Napoli 2004




Alle origini, rappresentazioni della vita animale: riproponendo i gesti ed i suoni della preda cacciata (sopravvivenza), se ne esorcizzava la ragione del sacrificio.  Poi gli stessi animali, soggetti pittorici nei graffiti rupestri! (più profonde erano le caverne, più solide erano le radici che ne celebravano la bellezza e l’importanza di esistere.) Poi i Totem (“il padre” per Freud), con essi gli spazi della rappresentazione uniscono il cosmo con la terra, ed il drammaturgo–interprete diventa lo Sciamano: “Il Tramite”.
Dalle culture tribali e rituali, alle società più complesse, come quella Greco-ionica, centro della culla mediterranea, la rappresentazione si arricchisce di uno spazio scenico nuovo: nasce “Il Teatro moderno”!, che con varie innovazioni, arriverà a noi. Prima, legandosi ai piani inclinati di colli e monti della tortuosa morfologia greco-ionica. Un inno diretto ad un’armonia spazio-natura, retaggio delle sue primitive concezioni.
Il mito, la tragedia, la natura si fondono in un’unica ed irripetibile (ogni sera) emozione, perfetto pendolo tra il mondo degli Dei e degli Uomini.
Poi, con i Romani, da grandi urbanisti quali erano, il Teatro viene trasportato all’interno della città, qualche volta in veri e propri quartieri destinati allo spettacolo per farne definitivamente un “Edificio”.
Dei, Semidei, Uomini. La Storia si ripete anche intorno agli spazi delle rappresentazioni, ed oggi che il Teatro classico rappresenta per  i contemporanei, una delle ultime porte pulsanti della comunicazione del passato, ci rendiamo conto che è più popolare che mai!
Questa Mostra, “Memoria del futuro” vuole essere una macchina del tempo che faccia risaltare nell’area del Mediterraneo le antiche autostrade del sapere e della comunicazione, i quesiti sulla natura profonda dell’essere, e le acrobazie dialettiche nell’eterna lotta fra il bene ed il male.
Domande alle quali ancora oggi non potremmo rispondere senza interrogarci profondamente sul nostro passato ed è oggi, con questo proiettarci verso il futuro, che si può far fare alla ricerca dei nostri archetipi, un salto di qualità.